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Interno notte – Parte 3/6

Perché si sceglie, un testimone? Santiago del Cile. Luz Inocencia Santana Carrasco è una donna attorno ai quarantacinque anni, ironica, tormentata ma esteriormente "placida come acqua di lago visitato al tramonto". Antares è di Madrid, si trova in città di passaggio, arriva dalla Terra del Fuoco e rientrerà in Europa l'indomani. Una sola notte, attorno al tavolino di una caffetteria, scoprendo, ora dopo ora, di "essere la fine di un viaggio" che non abbiamo compiuto noi ma che ci riguarda interamente. Perché ci sceglie, un testimone?

Copertina di Giampietro Capancioni – Fotografia: Cristiano Denanni
Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Gli occhi marittimi di Luz trovarono nuovamente spazio dentro quelli di Antares. Le mani avevano finito di giocare con la tazza, e in quel momento erano appoggiate ciascuna sotto il gomito opposto, a conca. Emanava una radiazione lunare, morbida e serena, eppure attenta, guardinga ma pacificata, come inumidita da un tepore di dopo l’amore.

“Sta cominciando a farsi delle idee su di me, Antares?”

“Sta inseguendo o sta scappando?”

“Speravo in qualcosa di più gentile”

Antares sollevò una gamba e cambiò posizione per l’ennesima volta. Contemporaneamente a questo accennò a un sorriso, accondiscendente, quasi intenerito.

“Non è una critica. Lei mi pare coraggiosa. Però mi incuriosisce”

“Non si giunge necessariamente in posti diversi, differente è il modo di arrivarci, a seconda che si insegua o si scappi. Vorrei dirle che sto inseguendo qualcosa. Vorrei guardarmi dall’alto e riconoscere il disegno di ciò che ho costruito, e non le macerie di ciò che ho distrutto. Ma siamo sempre lì, a mandarci a capo sperando che il paragrafo successivo sarà più convincente”

“Cos’è che non mi sta dicendo così bene?”

Fu quello il primo momento in cui Luz Inocencia sorrise, da quando si erano incontrati. Nel farlo, come sempre, le morbide rughe ai lati degli occhi si traevano precedendo di pochi istanti il divaricarsi della bocca, e l’apparire della dentatura, impercettibilmente irregolare, sinuosa, matura, eppure sfrontata, come di bambina ma affatto ingenua. A questo si accompagnava un sonoro schiocco della voce, acuta ma non stridula, liberatoria ma elegante.

“Che non si fa mai la cosa giusta”

“Lo sa che non è vero”

“Era una provocazione. Forse la mia era una domanda, e lei mi ha risposto, stranamente… Antares, cosa le devo dire, se scegliamo inseguiamo, se ci facciamo scegliere scappiamo”

“Vero, ma sta girandoci intorno”

“Cosa è andato a fare nella Tierra del Fuego?”

“Luz!…”

“Non è un turista, non ne ha la faccia”

“Cercavo una persona”

“E’ il titolo o lo svolgimento?”

Antares bloccò una risata che voleva fuoriuscire copiosa, non capendo perché lo fece. E si limitò a un sorriso, quasi compiaciuto.

“Decida lei”

“E l’ha trovata questa persona?”

“Sì”

“Una donna? O è domandare troppo?…”

“Una donna. Probabilmente molto diversa da come pensa lei…”

“Non giudicherei i suoi gusti”

“Ha novant’anni”

“Continuo a non giudicarla…”

“…e a non rispondermi…”

“Vi conoscete da tanto?”

“No”

“Ha mai tentato di curarla, la sua stitichezza?”

Questa volta Antares esplose in una risata sonora.

“Madre de Dios!.. Che bello che è quando ride!”

“Non ricordo se me lo avevano mai detto”

“Non stia a pensarci, glielo dico io”

“Ci siamo conosciuti la settimana scorsa, non ci eravamo mai visti”

“E come mai la cercava? Sto esagerando?…”

“Perché avevo letto a proposito di lei molte cose, e non so perché ma ero maledettamente curioso di conoscerla e sentirla parlare. O anche solo vederla vivere”

“Un personaggio famoso?”

“No. Bè… a modo suo sì, forse”

“E per vederla vivere ha attraversato mezzo mondo…”

“E’ molto bello che la sua non sia una domanda”

“Non giudico per professione, ribadisco. Non ce lo si può permettere”

“Quando ha iniziato a utilizzare i terremoti per dar retta alla sua vita?”

“Dopo l’università”

“Presumo anche lei abbia conosciuto persone speciali”

“Non so cosa intenda per speciali. Però è vero, persone che hanno da raccontare ne ho conosciute”

“E qualcuna di queste le ha detto che lei ha grande talento nel raggiungere ciò che vuole?..”

“No. Non mi serviva”

Fra le luci della notte nelle strade e quelle tiepide all’interno del Café de la Barra vigeva la presenza del sisma, svigorita forse, ma guardinga. Proseguiva nelle viscere. Ogni movimento, ogni suono generavano sospetto, interruzione del respiro, doppi significati.

“Posso permettermi, Antares? La vedo strana, da qualche minuto, a cosa sta pensando?”

“Strano? No… pensavo al ritorno, forse… niente di speciale…”

“Mi conceda la battuta: è vero che ci conosciamo da un’ora o poco più, ma non ho ancora capito se la sua sia una professione, qualunque essa sia, o una copertura”

“E’ tutto una copertura”

“Risposta a effetto. Poco effetto, a dirla tutta… E cos’è che starebbe coprendo?”

“Ascoltandola parlare, mi è venuto in mente Jung, sa?”

“Jung?… Per via della rappresentazione simbolica dei terremoti che ho attribuito alla mia vita?”

“Mi immaginavo lei, Santos, Julian, Alma… e pensavo a quello che diceva Jung da qualche parte, forse nel Libro Rosso non so… che le vite che non abbiamo vissuto e avremmo voluto vivere sono sempre con noi, a ogni passo, a ogni chilometro e latitudine, e fino a quando non le vivremo rimarranno all’orizzonte, fumanti, come fuochi sotto vento”

“Jung aveva ragione. Troppo sfacciata a dirlo così? E poi?”

“Poi cosa?…”

“A cos’altro pensa?”

“Non ho parlato abbastanza per la mia stitichezza?…”

“Antares?…”

“A una persona”

“La novantenne?”

“No”

“Le va di raccontarmi?”

“No. Mi diceva delle persone che hanno da raccontare…”

“Non più tardi di un anno fa andai in India, a Madurai, a trovare la coppia di amici di cui le accennai. E in effetti ci andai per pianificare al meglio la mia prossima permanenza in casa loro, anche se all’epoca non potevo avere la certezza di una data. Stetti pochi giorni. La verità è che avevo bisogno di capire se fossero ancora intenzionati a ospitarmi, o se vi fossero impedimenti di qualisasi sorta. Per me era molto importante, come avrà capito. E per farlo volevo esserci di persona, via Skype non mi sarebbe stato sufficiente. Fortunatamente andò tutto bene, e questo mi sollevò, sapevo che a breve avrei potuto compiere quella sorta di incamminamento sugli ultimi luoghi di Ruben Santos. Ciò che non mi sarei aspettata però, fu l’incontro che ebbi a New Delhi, dove feci scalo per andare a Madrid a trovare mia sorella, per poi rientrare in Sud America.

“Dovevo attendere oltre quattro ore la coincidenza per la Spagna, così per non annoiarmi decisi di uscire dall’Aeroporto Internazionale Indira Gandhi, e feci una passeggiata nei dintorni. Mi venne appetito, non mangiavo da ore. Stavo vagando per il Main Bazar e fu cercando un negozio per comprare del cibo che la conobbi. Aveva già spento le luci e stava tirando la porta verso sé. Mi affrettai e la raggiunsi alle spalle, col fiatone feci un saluto. Si voltò con una certa lentezza e le chiesi se poteva darmi della frutta, tentai di sorridere per farmi perdonare la situazione. Fu in quel momento che mi accorsi di quanto fosse vecchia, la pelle olivastra, come bruciata, il viso disseminato di rughe, eppure bellissimo. Mi guardò senza ricambiare il sorriso, ma mi accorsi di uno sguardo accondiscendente. Per una frazione di secondo stette immobile, come pensando a cosa fare, dopodiché si rivoltò verso la porta e la spinse. Entrò, ma non la seguii, mi sentivo già abbastanza invadente. Fu però lei a farmi segno con un veloce gesto della mano, indicando il disordinatissimo bancone dove stavano affiancati i generi più disparati. Presi due cose, senza stare a pensarci, e gliele porsi. Pagai, e mentre trafficava con le monetine del resto mi affannai a chiederle scusa, spiegandole che dovevo rientrare in aeroporto ma avevo tempo e non mangiavo da ore. Era placida, compiva gesti delicati, non pareva infastidita da quel piccolo inconveniente. Fu anzi gentile, perché mi chiese dove mi avrebbe ‘portata l’aereo’. Era tenera quell’espressione. Le spiegai che sono cilena, ma che prima di tornare a Santiago avrei fatto una tappa di pochi giorni in Spagna, da mia sorella. ‘Lei parla spagnolo…’ disse divaricando gli occhi e le fitte rughe che li abbracciavano. Sembrava le avessi fatto una carezza. Le confermai intimidita la mia lingua, non capivo. ‘E’ andato via questa mattina un ragazzo spagnolo… un ragazzo che non conoscevo prima ma con cui sono molto legata, oggi ancora di più’. Cominciavo a sentirmi spaesata, ma incuriosita. 

‘Un ragazzo spagnolo?…’ chiesi. 

‘Oh sì, un ragazzo sì, dovrebbe avere quarant’anni… alla mia età gli altri sono tutti giovani!’ e per la prima volta fece un sorriso divertito, dolce come sanno esserlo poche persone, Antares, come se ci fosse ancora tempo per una vita intera. 

‘Chi era quel ragazzo?’ azzardai, con la voce più delicata che possedessi. 

‘Oh mi perdoni signora… sa, è una storia vecchia come me…’. 

‘Mi scusi, non volevo intromettermi’. 

‘Oh signora… non s’intromette, sono io che sto ricordando tante cose, in questi giorni. Soprattutto da stamattina, quando Manuel se n’è andato…’ 

‘Manuel è il ragazzo di quarant’anni?’ stavo cercando di mettere in ordine le cose che mi diceva. 

‘Sì, Manuel. Lo conoscevo tramite i racconti e le lettere, ma non lo avevo mai visto. Non pensavo di poterlo incontrare, invece qualche giorno fa è venuto a trovarmi, è stato improvviso, non lo aspettavo…’ e mi confusi nuovamente, ma ebbi la sensazione che quella donna avesse urgenza di raccontare, gli occhi erano commossi.

‘Mi perdoni, quindi lo conosceva ma non lo aveva mai visto?…’

‘Oh mi perdoni lei signora, ha l’aereo!’

‘Sì, ma decolla fra quasi tre ore, non si preoccupi’

‘Oh mi scusi… che confusione che c’è… non si capisce niente vero?… Io mi chiamo Kalindi Malik. Kalindi sì…’ e con una mano mi strinse il polso. Una tenerezza inconsueta mi avvolse, sembrava lei, ora, quella in balìa del disordine.

‘Non si preoccupi Kalindi, non ci conosciamo, è normale che io non sappia nulla di lei’ cercai di acquietarla, e aggiunsi ‘a proposito, io mi chiamo Luz, Luz Inocencia’

‘Luz Inocencia?… Oh, sapesse… vorrei tanto conoscere la Spagna, ma io non ho mai viaggiato, e ora non posso certo cominciare, anche se mi piacerebbe tanto! Manuel, sa… lui è di Madrid. Mi piacerebbe conoscerla Madrid… Lei di dov’è? O sua sorella? Chi è che mi ha detto che è spagnola?’

‘Mia sorella vive a Segovia, vicino a Madrid. Ma non è spagnola, è cilena come me. E Manuel, chi è? Come lo conosceva, prima che venisse a trovarla intendo…’

‘Non potevo immaginarla una cosa del genere, che arrivasse fino qua… Manuel non stava cercando me, sa. Però non può capire se non conosce tutto il resto della storia…’

‘Ma sono cose che non mi riguardano, Kalindi, io non volevo certo impicciarmi, e poi lei sta chiudendo il negozio, le chiedo perdono’ le dissi, mi dispiaceva vederla così emozionata, in parte me ne sentivo responsabile. Ma Kalindi si appoggiò a una sediolina che c’era di fianco a quel bancone inondato di cibo e prodotti, e oscillando lo sguardo fra me e un punto imprecisato del negozio, continuò:

‘Oh non stava cercando me, sa… Era un anno e mezzo che suo padre non tornava a casa, lì a… a Madrid. Era da così tanto tempo che non lo vedevano, Manuel e sua madre. Era scomparso. Aveva detto che sarebbe andato a trovare uno zio a Bordeaux, lo faceva sa… lo faceva ogni tanto, e ci stava qualche giorno. Così nessuno si preoccupò e per qualche tempo non lo cercarono. Ah mi scusi… sì, certo, sì, mi dimenticavo… il padre di Manuel si chiamava Alvaro Jacinto, Alvaro sì… Così dopo tutto quel tempo, quando non speravano più di vederlo tornare, e anche la denuncia alla polizia non era servita, Manuel decise di andare a cercarlo, forse però non lo cercava per trovarlo, lo cercava per capire, sa… capire cosa era successo, se c’era una spiegazione. Le spiegazioni ci sono quasi sempre, solo che non ci mettiamo a cercarle, oppure non le troviamo e pensiamo che non ci sono… eh… e quindi andò a Bordeaux, prima di tutto, dallo zio. Anche lo zio è una persona anziana, mi ha detto Manuel. Parlando e parlando con lo zio, è saltata fuori una cosa che Manuel non sapeva, che ogni tanto Alvaro faceva ancora qualche lavoro per l’azienda dove aveva lavorato per quasi tutta la vita, una società che trasporta… come si dice, che… che importa cibo dall’Asia. Veramente aveva finito di lavorare da tempo, era abbastanza anziano anche Alvaro, sa. Ma lui faceva… oh, come si dice quando spieghi le cose del tuo lavoro… oh mi scusi sa, non mi viene la parola…’

‘Una consulenza vuole dire?’ cercai di aiutarla perché si era bloccata, e io ero sempre più curiosa.

‘Ecco, una consulenza… una consulenza sì… E allora Manuel andò a Barcellona, dove c’è l’azienda, cioè la sede, la sede della società. Si ricordava d’aver conosciuto un signore che era il capo di Alvaro, lo aveva invitato a cena chissà quando, anni prima, a casa loro a Madrid. E Manuel sperava ci fosse ancora lui. A Barcellona andò dove sta la società e chiese di quella persona, ma non c’era più, anche lui aveva smesso di lavorare. Come si dice… era andato in pensione. Però Manuel aveva insistito, aveva detto che si conoscevano e che suo padre aveva lavorato lì per decenni, così gli avevano dato un numero di telefono di questo suo vecchio capo. E lo aveva chiamato. E quel signore era stato gentile, Manuel lo aveva sentito molto dispiaciuto di quella scomparsa, erano diventati amici con Alvaro, con suo padre, sa. Però lui non sapeva niente di quei lavori… di quelle consulenze, sì. Gli aveva spiegato che forse le faceva privatamente, per suo conto, senza l’appoggio della ditta, o magari con qualche altra società. Manuel sprofondò nella tristezza, gli sembrava che fosse tutto inutile, che non avrebbe trovato più suo padre e nemmeno una spiegazione. Al telefono però quell’uomo gli fece notare che Alvaro per l’azienda aveva lavorato sempre con l’India. E immaginava che se davvero stava facendo… consulenze sì, forse era più facile che lavorasse sempre dove ne sapeva di più, dove conosceva meglio la situazione. Ecco, così Manuel prima di finire la telefonata chiese ancora al signore se c’era un… come si dice… se c’era un riferimento, un… un referente, è giusto?… Se c’era qua in India. Il signore gentile gli spiegò che la loro società ha degli uffici qui a New Delhi, ma se adesso lavorava per conto suo, magari non sarebbe servito a nulla contattarli. Però a Manuel non vennero in mente altre possibilità, e scrisse all’azienda qua in India, con il computer, sa. Gli risposero che erano anni che non risultavano lavori di Alvaro per loro. Così Manuel si ritrovò di nuovo triste, abbattuto. Ma non si era arreso, sì, non si era arreso. Gli venne in mente una cosa. Contattò le compagnie aeree che collegano la Spagna con l’India, con New Delhi, e fece delle ricerche. Quando era difficile ottenere informazioni, mostrava la denuncia di scomparsa che avevano fatto alla polizia, così mi ha spiegato. E allora scoprì che proprio nei giorni della scomparsa, quando aveva detto di essere andato a Bordeaux, risultava una prenotazione a suo nome con la… come si chiama… con la KM… con la KML…’

‘Con la KLM’ le dissi, e stetti subito zitta per lasciarla continuare

‘Ecco, la KLM sa. Allora Manuel pensò che forse c’erano delle speranze di trovarlo, forse… Tornò a Madrid per riflettere su cosa fare, ma lui sapeva già cosa voleva fare. Venire a New Delhi. E infatti è arrivato. Sapeva però anche che se per la società non aveva più lavorato, sarebbe stato complicato trovare qualcuno per dargli informazioni. Come trovi una persona in una città, se non sai dove cercarla? Quando Manuel è atterrato, l’altro giorno, è andato subito in un albergo, vicino all’aeroporto Indira Gandhi, qua dietro, da dove sta partendo anche lei, giusto?… è andato a dormire perché era stanchissimo per il viaggio. Aveva in mente di andare il giorno dopo agli uffici della…. della società a supplicare qualche informazione. Non sapeva cosa altro fare. Se risultava un volo a nome di suo padre, qualche cosa di lui doveva esserci da qualche parte, è giusto? Infatti il mattino dopo è andato all’azienda, che si trova in una zona distante da questa, vicino al Mahamaya Sports Stadium, a Ghaziabad, lei non conosce la città forse… Ha parlato con due o tre persone, non sapevano nulla di Alvaro, non lo conoscevano neppure sa. Ma continuando a insistere, hanno pensato a qualcuno che se lo poteva ricordare. Lo hanno chiamato e ha raggiunto Manuel, hanno parlato e parlato, fino a quando questo signore ha ricordato che Alvaro si faceva prenotare quasi sempre lo stesso albergo, proprio vicino all’aeroporto, l’Hotel Classic Diplomat. Era l’unica cosa che ricordava. Però era vero, non c’erano più stati contatti di suo padre con l’azienda, da anni. Eppure sa… si cammina con quello che si ha in mano, signora Luz, così Manuel ha rifatto la strada al contrario ed è tornato nella zona dell’aeroporto, il Classic Diplomat non è lontano da dove ha dormito lui stesso queste notti. Oh mi perdoni se sono emozionata sa, io sono vecchia ormai… Manuel non sapeva cosa chiedere in albergo, mi ha detto che è stato fuori a pensare, prima di entrare. Poi però è andato alla reception e ha chiesto se c’era una stanza prenotata a nome di Alvaro Jacinto Navarro. Ma non risultava. Ecco, allora ha chiesto se potevano guardare indietro, negli ultimi mesi, ma sembrava che non volessero farlo, così ha mostrato i suoi documenti per dimostrare che era il figlio e la denuncia fatta in Spagna, e si sono messi a controllare, e hanno scoperto che c’era una prenotazione molto vecchia, di quando ancora lavorava davvero per la società. Non serviva a molto però, perché quello lo sapeva già. Oh signora Luz, Manuel è testardo sa. E anche in albergo ha continuato a insistere, a chiedere e chiedere, fino a che una signora, una signora che lavora lì e che è arrivata quando si è accorta che c’erano dei problemi, ha chiesto cosa stava succedendo. Così, sa… lo ha preso in disparte e gli ha detto che lei lo ricordava suo padre, lo ricordava per una cosa particolare, che una volta, prima di andare in aeroporto ha chiesto un favore, a lei, proprio a quella signora, che è la sorella del direttore, così ha detto a Manuel, e… oh mi scusi, stavo dicendo che quella volta Alvaro aveva spiegato alla signora che era in ritardo per l’aereo, ma avrebbe desiderato mandare dei fiori a un indirizzo, se poteva farlo fare, e le aveva lasciato dei soldi, tanti soldi, per il disturbo. E lei lo aveva fatto volentieri, le piaceva quel gesto, non le era mai capitata una cosa così. Ecco, allora Manuel si è sollevato, di colpo era contento, e ha chiesto a quella signora se riusciva a ricordare l’indirizzo. Lei non lo ricordava ma gli disse di aspettare qualche minuto. E’ andata dietro, in ufficio sa, e quando è tornata aveva in mano una busta, che lei aveva tenuto assieme a un pacco di sigarette che Alvaro aveva dimenticato nella stanza quella volta. Li aveva tenuti perché pensava di rivederlo prima o poi, come succedeva quando lavorava. Dentro la busta c’era un biglietto con la scrittura di Alvaro, dove lui spiegava a chi portare i fiori, e c’era il mio nome, Kalindi Malik, e questo indirizzo, sì, questo negozio voglio dire… E sa, così Manuel è arrivato qua.’

Interno notte – Fine parte 3

|18563 battute spazi inclusi – 3150 parole|

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